Quando mia moglie chiese di fare un pic-nic insieme a lei e i nostri 2 figli, non protestai affatto. Del resto quello era semplicemente un pic-nic come un altro: un’occasione per rilassarci e lasciarci andare a un po’ di sana tranquillità dopo tutti quei mesi di pesante routine. Per me era un vero e proprio respiro di liberazione: potevo finalmente lasciarmi alle spalle tutto il passato. Era una sensazione decisamente strana, quella.
Anche io volevo prendermi una pausa e allontanarmi dai soliti impegni della vita quotidiana.
Il lavoro, moglie, figli, insomma… ogni cosa doveva restare alle mie spalle e io non potevo che pensare unicamente al mio relax. Era un modo utilissimo, devo dire, per diminuire lo stress che in quel periodo si era venuto a creare e la tensione a mio carico.
Forse ora come ora la cosa può certamente sembrare strana, soprattutto conoscendo come è andata a finire dopo. Ma devo dire che se avessi avuto un’occasione del genere, l’avrei sfruttata di nuovo come quella volta, senza cambiare nemmeno una virgola.
Il tutto è iniziato con quella strana richiesta.
–Papà, andiamo a fare un pic-nic! – mi disse con la sua vocina stridula Margherita, la mia bambina di 7 anni. Le piacevano i pic-nic, forse l’unica della famiglia a cui piacevano per davvero! Matteo, mio figlio, era più grande (aveva 13 anni al tempo) e amava molto più stare con gli amici che con noi. Per questo a lui i pic-nic sembravano sempre e solo un modo noioso di trascorrere il tempo con delle persone con cui non andava molto.
Perché era nel suo periodo adolescenziale che, come ben si sa, è un vero e proprio trauma non solo per i piccoli, ma anche per noi genitori.
Alla fine dei conti, però capimmo tutti che quella di fare il pic-nic era più di una necessità: era una specie di obbligo, prendere o lasciare.
Perché, volente o nolente, dovevamo svolgere qualche esperienza tutti insieme come in una famiglia, anche se eravamo più o meno tutti arrabbiati gli uni con gli altri, per non dire quella che era una verità assoluta: quasi non ci sopportavamo.
Io e mia moglie in particolare non avevamo più lo stesso feeling d’inizio rapporto. Tutt’altro: da molto tempo sembravamo lontani e distaccati. Eravamo una specie di coppia che stava insieme per il bene dei figli e non per l’amore comune di cui non ce ne importava assolutamente niente.
Alla fine dei conti perché pensare a illuderci? Lo sapeva lei, ma lo sapevo anche io. E quel pic-nic, come ben lo sapevo, era solo un’esibizione teatrale.
Prima di avventurarci per il pic-nic in uno dei boschi locali decidemmo di contattare anche un gruppo di amici. Erano sia gli amici miei che di lei. Persone di vecchia data e vecchia conoscenza di cui una, Giulia, era stata anche la nostra testimone di nozze quel fatidico giorno che ci legò per sempre. Devo dire che Giulia era sempre stata una bella donnona: forme circolari, rotonde, viso bello, seni perfetti.
C’era anche Marco, un tipo che non avevo mai capito del tutto se mi stava simpatico o meno: era sposato e da sempre si era contraddistinto per essere il solito fancazzista senza valori: andava a prostitute, gli piacevano le escort e per quanto ne sapevo era pure riuscito a scoparsi qualche minorenne capitata tra le sue braccia più per errore che per qualche altra cosa.
Era proprio quella sua presenza che mi preoccupava non poco, anche perché sapevo benissimo cos’era in grado di fare. E non mi sbagliavo. Oh no, non mi sbagliavo affatto sul suo conto.
Qualcosa lo intuiva anche mia moglie che era lì con noi. Lo guardava sempre strano, ma non diceva nulla. Un po’ come se sospettasse qualcosa, ma non lo rivelasse. Si limitava unicamente a delle occhiate fugaci qua e la, come per dirci di stare attenti. Quasi pensai che volesse avvisarci con quegli occhi: io so tutto, dicevano. Eppure dopo qualche bicchiere di grappa non me ne importava davvero niente.
Quella famiglia con i bambini ingrati, quegli impegni giornalieri che non mi lasciavano un respiro libero e quel lavoro sfiancante era tutto ciò che era rimasto alle mie spalle. Indietro, come si meritava di restare. L’unica cosa che importava davvero era spassarsela quel giorno e Marco aveva capito subito cosa fare e come fare. Avevo sempre pensato che quel tipo sapesse leggere nei pensieri delle persone e penso aveva ricevuto la completa e totale conferma della cosa.
–Senti, ma che ne pensi di un’escort? – mi disse mentre non ci ascoltava nessuno ed eravamo a una decina di metri dal posto del pic-nic. Io lo guardai abbastanza stranito, quasi mi stavo chiedendo se quello stava scherzando o cosa. E invece no: era terribilmente serio, per mia stessa disgrazia. Oppure per fortuna. Quello non lo sapevo ancora, visto che il bello doveva ancora arrivare.
–No, – gli risposi cercando di essere un buon padre di famiglia che mai e poi mai avrebbe tradito sua moglie. Ma poteva ascoltarmi? Quel tipo era così preso da sé stesso, per giunta abbastanza ubriaco, da rivolgere le sue attenzioni unicamente verso i numeri delle escort.
Mentre io ero lì con le mani in tasca, tipo che non ne so niente, lui aveva già trovato un’escort che conosceva da tempo e mi chiese:
–Mi dai 200 euro?
–No – gli dissi sicuro di me. Quello ci stette un po’, quasi come se ci fosse rimasto male.
–Vabbeh, me li torni dopo – disse mentre io ormai avevo bevuto così tanta grappa da essere quasi privo di sensi. Non mi accorsi nemmeno quando Marco sparì allontanandosi da qualche parte nella foresta per chiamarmi sul cellulare.
–Qua sopra c’è una casetta – chiarì con la sua voce allegra – Ti aspettiamo!
“Ti aspettiamo?” – mi chiese capendo cos’aveva combinato quel tipo. Salii la collina vicina nel mentre mia moglie, Giulia e i figli preparavano l’arrosto. La casetta di cui parlava Marco era davvero piccola: un monolocale a stanza singola tra gli alberi. Dentro era sporco e privo di mobili. Eppure lui era già lì nudo e lei era spogliata vicino.
In qualche attimo mi sentii trascinato dentro da quella escort che, come sembrava, si era ben preparata con sex toys di ogni genere. A dire il vero mi sembrava addirittura che quella casa fosse diventata un sexy shop: lei nella camera e tutte le cosine sexy vicino. Lei poi era davvero bellissima, lunghi capelli biondi, forme sinuose e un viso nello stesso tempo d’angelo e provocante: era vestita solo con della lingerie sexy, un delizioso completino nero, reggicalze e guanti lunghi in pizzo neri, che promettevano di far faville sui nostri corpi.
Un attimo e mi ritrovai immerso in tutto quel casino, se lo si poteva chiamare così.
Lei mi eccitava tanto e io da troppo tempo non avevo avuto rapporti sessuali con mia moglie. Quindi ne fui attratto subito tanto da non riuscire a resistere. Iniziai a palparla e baciarla come da tempo non facevo con una donna e non me ne importava niente delle possibili conseguenze. Anzi! Più queste sembravano poter essere pesanti e più mi eccitavano. Dai baci e dalle palpazioni sulle sue tette passai subito al sodo tirando fuori il mio cazzo e mettendoglielo in bocca. Me lo succhiò come una vera professionista: una gourmet del sesso. E piaceva sia a me che a lei. Poi passammo a scopare come tre ricci in calore sul pavimento sporco di quella stanza e ci piaceva pure questo. Pensavo che le sue urla di piacere le sentivano anche giù dalla collina. Quando venimmo tutti e due su di lei, però, riscendemmo quella collina trovando l’arrosto pronto.
–Ti amo – dissi a mia moglie tutto sudato.
Da quel giorno ritrovai la felicità nella mia vita matrimoniale e, soprattutto, grazie a quella esperienza particolare, ritrovai il piacere del sesso anche nel rapporto con mia moglie!