Rafaela è una giovanissima trans brasiliana, che attualmente fa la escort in Italia. Inizialmente, volevamo parlare con lei riguardo la sua professione ma l’intervista, da subito, ha preso una svolta inaspettata ed importante. Rafaela infatti, ha voluto raccontarci delle discriminazioni e delle difficoltà che quasi ogni giorno subisce in quanto transessuale, e ha voluto evidenziare quanto ancora poco si faccia nel nostro Paese per tutelare i diritti di persone come lei.
Rafaela, ci racconti in breve la tua storia?
Io sono brasiliana, ho 23 anni e vengo da San Paolo. Ho avuto un’infanzia normale, per quanto la mia famiglia non mi abbia mai accettata completamente, a causa del mio modo d’essere. Sono una ballerina e verso i 19 anni sono andata a vivere a Rio de Janeiro, a studiare ballo contemporaneo nella scuola di danza più prestigiosa di tutto il Brasile.
Continui a fare la ballerina anche oggi?
Purtroppo no. Ho iniziato la transizione quando avevo 20 anni, circa 3 anni fa. Non ho fatto l’operazione completa per cambiare sesso ma sono in terapia. La mia transizione è cominciata mentre ancora studiavo all’Accademia di Danza e, purtroppo, da allora, le persone hanno iniziato a trattarmi diversamente.
Spiegaci meglio. Hai subito bullismo?
Alcuni alunni della scuola hanno continuato a trattarmi come prima ma la stragrande maggioranza, insegnanti compresi, hanno cambiato atteggiamento: era come se pensassero che, essendo trans, non potessi più essere una ballerina. Questo loro modo di fare mi ha fatto molto male, sono caduta in depressione per qualche mese e ho dovuto lasciare la scuola, a cui non ho più fatto ritorno: La situazione era diventata insostenibile, mi emarginavano.
Cosa hai fatto, una volta lasciata la scuola di danza?
Ho cercato un lavoro ma per le persone come me è molto difficile trovarlo, mi sono scontrata con un muro di pregiudizi. Quindi, ho iniziato a fare la escort, come fanno la maggior parte delle trans. Ma credimi, per tantissime di noi non è una libera scelta, è solo necessario per sopravvivere, non ci sono altre possibilità di lavoro.
Si sente che è una situazione che ti pesa molto.
Si, ci soffro davvero tanto. 9 mesi fa sono venuta a vivere in Italia. Anche qui lavoro come escort e ho preso il giro, anche grazie ai siti di annunci.
Come ti trovi a vivere qui in Italia? Trovi difficoltà, come donna transessuale?
Si, è difficile perchè anche qui, ho subito diverse volte discriminazioni. Per fare un esempio, se ho bisogno di cure sanitarie, in ospedale mi trattano come un uomo, perchè si basano sul mio nome di registro, che è rimasto quello maschile e ciò mi causa estremo disagio. Io vorrei invece che le istituzioni rispettassero il mio nome “sociale”, che è Rafaela appunto.
Le persone invece non mi identificano in un uomo ma in una donna, quando fa a loro comodo, e anche questo crea confusione. Più volte mi sono domandata: DOVE SONO I MIEI DIRITTI? Se per lo Stato non sono una donna e per la gente non sono un uomo, CHI SONO IO?
Che cosa si potrebbe fare, secondo te, per migliorare la situazione delle persone trans?
Vorrei che ci venissero riconosciuti gli stessi diritti delle persone etero e dei gay, per questi ultimi in particolare è stato fatto tanto. Noi trans facciamo parte della comunità LGBTQI ma in realtà, per noi si spendono ben poche parole: siamo vulnerabili. Ci vorrebbe anche una legge seria e completa contro la discriminazione, non solo sul lavoro, per tutelarci da episodi di violenza. Però, in primis vorrei che ci venisse riconosciuto ovunque il nostro nome sociale.
Immagino tu ti riferisca alla Legge 164, del 1982, sul cambianto di genere in Italia, che autorizza il percorso che porta al cambiamento di sesso e al relativo adeguamento anagrafico.
Si. Se all’epoca era una legge all’avanguardia, oggi presenta diversi limiti, perchè non da la possibilità di cambiare il nome senza per forza arrivar al cambio di sesso: non tutti infatti, me compresa, possono o vogliono cambiare genere con operazione chirurgica.
Tu come vivi il tuo essere transessuale?
Personalmente, bene. Mi considero una donna trans, ma sono felice di tenermi il mio pene! Averlo, non mi rende meno donna di altre; lo considero solo una parte di me, come un braccio o una gamba, ma non mi rispecchia.
Poi sai, sono felicemente sposata con un ragazzo italiano grazie all’unione civile, ma anche qui ce ne sarebbe da dire: la nostra è considerata infatti come un’unione uomo-uomo, ma io invece sono una trans, quindi non mi ci ritrovo.
Perché il “diverso”, nonostante la scienza spieghi quanto siano infondate certe fobie, incute ancora paura?
A molte persone le trans non piacciono: gli uomini etero sono attratti da noi ma temono il giudizio esterno, le donne a volte si sentono “minacciate” dalla nostra presenza, non saprei. Tutto è dovuto a pregiudizi causati dalla disinformazione. Le persone bisogna conoscerle prima di parlare.
Come si combatte la transfobia?
Per migliorare la situazione, bisognerebbe fare più informazione, ampliare la visione delle trans, tramite campagne informative pubblicitarie mirate da parte dello Stato per far luce sulla situazione. Anche le Associazioni che ci tutelano dovrebbero essere più attive e non aver paura a far sentire la loro voce.
C’è una lgbtqi-fobia generale, ma non bisogna investire solo sull’omosessualità; serve focalizzarsi anche sulle trans, sui nostri problemi, sulle nostre necessità e i nostri diritti. Bisogna abbattere la chiusura mentale che ci circonda, il finto perbenismo ed il bigottismo.
Tutti noi speriamo che i vostri diritti vengano presto e totalmente riconosciuti, ma la strada è ancora lunga. Nel frattempo, che obiettivi di vita ti sei posta?
Vorrei tornare a lavorare nel mondo dell’arte, della danza e del teatro perchè la danza era tutta la mia vita.
Vorrei smettere quindi di fare la escort ma allo stato attuale delle cose, non è fattibile. Nota positiva, mi godo mio marito, è una persona fantastica che mi ama e mi sostiene, in questo, sono stata fortunata.