
«Contiamo più di 400 mila testimonianze in 26 lingue», dichiara il ragazzo queer canadese Lucas LaRochelle, che ha creato Queering the Map nel 2017. Un nuovo progetto di storia dell’attivismo che potesse connettere le persone queer attraverso lo spazio e il tempo. LaRochelle voleva andare oltre l’idea di posti “fissati” come i quartieri LGBTQIA+ o i locali frequentati dalla comunità; tutto doveva essere collettivo e relazionale – ecco perché una mappa.
L’ha chiamato Queering the Map e ha creato un sito interattivo basato su una Google Map tutta rosa che permette di fissare delle puntine in qualsiasi parte del mondo in cui si hanno avuto esperienze queer. L’interpretazione dell’espressione “esperienze queer” è volutamente vaga: gli utenti di Queering the Map possono scrivere delle loro prime volte (in cui hanno fatto sesso, hanno dato un bacio o in cui hanno avuto una qualsiasi presa di coscienza), di storie di coming out, di connessioni speciali con qualcuno, di momenti che hanno salvato la loro vita e, ancora, di luoghi che li hanno resi ciò che sono oggi.
In questo periodo, a molte persone sarà capitato di visualizzare i post e le storie ricondivisi su Instagram con una grafica particolare, una versione rosa di Google Maps con più geolocalizzazioni e un messaggio. Sono testimonianze su un amore perduto, un’esperienza che ha cambiato la vita di chi scrive oppure un luogo particolare, una situazione o ancora un flusso di coscienza: tutte provengono da chi fa parte della comunità LGBTQIA+.
Si tratta di Queering the Map, una piattaforma online che offre alle persone queer uno spazio sicuro per esprimersi; una mappa collettiva condivide le esperienze della comunità LGBTQIA+, Queering the Map raccoglie le testimonianze delle persone queer in tutto il mondo attraverso la condivisione in forma anonima con gli altri, possono raccontare sé stesse senza paura ed entrare a far parte di una grande mappa collettiva. Ultimamente il progetto ha avuto grande diffusione sui social media per i messaggi degli utenti palestinesi, che hanno scelto di parlare delle loro storie di persone omosessuali, bisessuali, trans e non-binary in un paese soffocato dalla guerra e dall’omofobia: se in Cisgiordania l’omosessualità è stata depenalizzata, la Striscia di Gaza prevede fino a dieci anni di reclusioni e addirittura la pena di morte.
I messaggi più toccanti sono quelli che vengono da Paesi o regioni dove omosessualità e non conformità di genere sono represse e punite. Da Tunisi: “Abbiamo aspettato che la strada fosse libera e ci siamo baciati anche se sapevamo che le nostre vite potevamo cambiare per sempre se ci avessero sorpresi”. Da Marrakech: “Odio questa solitudine”. Dalla Russia: “Se fossi etero, sarebbe tutto diverso?”. Ma sono tante anche le storie a lieto fine: coming out accettati dai parenti, amici solidali, sesso sfrenato e felice (con qualche risvolto porno), amori ricambiati. Ecco, anche al di là della sua valenza politica, Queering the Map può essere letto come un’immensa raccolta di microromanzi d’amore.
Certi messaggi non hanno bisogno di commenti: “Mi sono sempre immaginato me e te seduti al sole, mano nella mano, finalmente liberi. Però ora te ne sei andato. Se avessi saputo che le bombe che ci sono piovute addosso ti avrebbero separato da me, avrei detto felice al mondo quanto ti ho adorato più di ogni cosa”. Parole come queste non vengono solo dalla Palestina, ma anche da molti altri paesi dove l’omofobia è presente. Per fortuna ci sono testimonianze di speranza e amori che si sono potuti realizzare: scrive qualcuno dagli Stati Uniti, “Ho portato il mio attuale marito alla fiera di paese. Aveva vissuto in città per tutta la sua vita e non aveva mai visto un rally. Tutti hanno pensato che fossimo “bravi ragazzi di campagna” ma eravamo, e siamo ancora, innamorati”.
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