Armando Checchi detto “IL PITTORE”
Armando Checchi detto “il Pittore” nasce in quelle terre che il fiume Reno cuce in un unico territorio tra le provincie di Bologna e Ferrara, quando il secondo conflitto mondiale è terminato da pochi anni.
Sono terre che per secoli sono state gestite dallo Stato della Chiesa e dai suoi vassalli, così chi, come Armando, ha un’anima antica vive il quotidiano in modo sacro, ma con una sacralità che responsabilizza Dio dei bisogni dell’uomo.
Ben presto, il giovane Armando mostra la mano del pittore e questo gli attribuisce il soprannome che lo accompagna da una vita intera; ma non è il pittore delle “belle figurine” bensì del paradosso, dove la bellezza non è scontata nella sola forma.
Le espressioni artistiche tradizionali non gli bastono e decide che l’arte debba vivere nella forma più globale anche attraverso la sua immagine.
Il personaggio di Armando è unico; benché in tanti cercheranno senza riuscirci di imitarlo.
Una lunga barba o un abito nero, con una croce al collo, non bastano; è l’energia che la figura del “Pittore” trasmette ciò che delinea la differenza.
Quando decide di creare una chiesa dei piaceri e dei dolori dell’uomo, concepisce “Il Rifugio degli Artisti”, dove arte sacra e profana si fondono in un ambiente che propone l’inedita formula del museo, abbinata alla gastronomia.
Il successo è travolgente; purtroppo un Angelo invidioso o un Diavolo capriccioso mandano in fumo questo capolavoro, che il rogo di una notte distrugge.
Il fuoco brucia le cose ma non le idee, così Armando riparte e rilancia: come l’Araba Fenice risorge dalle proprie ceneri e crea in località di Dosso di Sant’Agostino un complesso museale con tre locali.
INFERNO, PURGATORIO e PARADISO, come Dante incatena i piaceri della carne e dello spirito nei tre mondi ultraterreni, che Armando individua in un Ristorante, una Pizzeria ed un Pub.
Ogni locale è un museo dove la banalità è bandita e la sorpresa la fa da padrona di casa.
Entrando nel complesso, si incontra, immerso nel verde, alla nostra destra il pub, IL PARADISO, composto da sale, salette, salotti, stracolmi di sculture e dipinti, nonché da mille curiosità, ognuna delle quali ha una storia da raccontare.

Ogni pezzo di mobilio ha un perché, un come ed un quando.
Aggirarsi attraverso il pub toglie il fiato, proprio come davanti alle meraviglie del PARADISO.
Fuori dal PARADISO, alla nostra sinistra, si incontra l’ingresso dell’INFERNO, il ristorate d’alta cucina, dove il peccato di gola è il minimo che si possa fare, perché ovunque si celano sorprese.

Si comincia con la cella del condannato, dove sovente c’è veramente una persona ai ceppi, per poi dovere chinarsi fin quasi a genuflettersi per entrare nel salone del ristorante, in cui ci attendono giganteschi mobili e mastodontiche poltrone, che le più esili signorine non riescono neppure a spostare; ma in fin dei conti siamo all’INFERNO e qualche penitenza si deve pur fare.
In tutti gli ambienti ed anche all’ aperto sono distribuite musiche di sottofondo che si armonizzano con ciò che lo sguardo incontra di volta, in volta.
Le meraviglie per occhi, orecchie e palato si susseguono come le onde del mare quando l’autunno va incontro all’estate e così uscendo dal ristorante, sulla destra si entra nel PURGATORIO, la pizzeria, che continua a mostrare catene di ricordi, formati da oggetti in uso nel passato.

Tra i tavoli, spesso compare all’improvviso Armando; lisciandosi la barba chiede ai “nuovi venuti” se tutto va bene e se percepisce “il filo giusto” si siede, e qui scatta la magia della serata.
Semplicemente perché in quei luoghi è tutto magico, tutto è fuori dalla norma ed anche il tempo ha un altro valore.
Non bisogna assolutamente lasciare il complesso senza una visita al parco, in fondo al quale si erge una chiesetta dall’alto campanile, sormontato da una croce la cui luce rossa si vede, nel cuore della notte, a chilometri di distanza.
La chiesetta è stracolma di statue, icone e paramenti sacri; ci sono le antiche bare di preti e chierici a ricordare che le gioie ed i dolori non finiscono lì…ma continuano altrove,
Tutto parla della personalità di Armando, ma se pensate di avere capito chi sia, non avete proprio capito niente.
Un giorno, tanti anni fa, mi regalò un libro dal titolo “Il mio Mondo” di Armando Checchi.
In copertina c’era la sua foto nell’immancabile abito nero, con la lunga barba ed il crocefisso al collo, come un pope ortodosso; lui stava camminando pensoso a testa bassa, pareva cercare qualcosa, ma non in questo mondo.
Nella retrocopertina la scritta: “LA DIVERSITA’ NEGLI INDIVIDUI STA NELLA SEMPLICE INCAPACITA’ DI ESSERE SE’ STESSI”.
Ed ancora: “Rispondo a chi mi chiede perché vesto così? La differenza sta proprio qui. Questi si vestono…Io Sono!”.
La retrocopertina concludeva: ”Non amo parlare della mia interiorità, ma un amico ha voluto farne un libro”.
Il libro contiene solo pagine bianche.
Mirco Gallerani