Facciamo chiarezza
L’argomento è spinoso, ma vogliamo ugualmente affrontarlo, per esprimere in piena libertà una nostra opinione, che non vuole essere preclusiva ad altri punti di vista ma semplicemente complementare ad essi.
Si dice “una trans” o “un trans”, “la trans” o “il trans”; si dice “una trav” o un “trav”, “la trav” o “il trav”.
Per arrivare alla soluzione del quesito seguiamo un percorso che si basa sulla filologia, scienza che studia la lingua, e sulla logica, che applica il ragionamento in modo scientifico.
Altri potrebbero seguire un diverso percorso, con diverse conclusioni, ma per questo non certamente errate.
Va detto che la filologia della lingua italiana è specifica ad essa, mentre la logica è universale, quindi si possono trovare immediate contraddizioni in questo percorso.
Vediamone subito una: la lingua italiana deriva direttamente dal latino, per questo è una lingua neolatina, mentre, ad esempio, l’inglese non lo è, quindi la filologia dell’italiano è diversa da quella dell’inglese, mentre la logica è identica e comune ad entrambe.
La lingua latina esprime tre generi: maschile, femminile e neutro; da cui derivano articoli determinativi ed indeterminativi che si applicano in base al genere.
L’inglese non ha questo problema perché l’articolo determinativo, il o la, è sempre the mentre l’articolo inderminativo, un o una, è sempre a.
Tutto più facile, anche in ragione della traduzione di trans con la parola composta shemale, ovvero leimaschio.
Tornando alla lingua italiana di cui ci occupiamo, vediamo che la parola trans è l’abbreviazione di trans sessuale; trans è il prefisso di parole composte, che indica il passare oltre e attraverso qualcosa, quindi da un punto ad un altro, da una condizione ad un’altra.
Da ciò consegue che il termine transessuale indica una persona che passa da un genere biologico ad un altro.
Per questo, chi è biologicamente nato uomo e non ha terminato il percorso, dovrebbe avere attribuito l’articolo di genere maschile, ma la funzione della lingua non è solamente quella di rispettare le regole grammaticali, bensì di comunicare.
Allora, entra in scena la logica: di fronte ad una persona che appare donna, tutto va declinato al femminile e se è trans, non potrà che essere la trans o una trans.
Quando la persona in questione ha completato il percorso di transizione o ottenuto giuridicamente il cambio di genere, non esiste più alcun ostacolo interpretativo: è donna; tutto al femminile, punto e basta.
Naturalmente, quando la persona trans è biologicamente nata donna e si sente uomo, il ragionamento vuole esattamente rovesciato.
Aiuta molto a capire il concetto l’uso, che la CHIMICA fa, del termine TRANS: “variante di una molecola che presenta un legame doppio”.
Il termine TRAV è una abbreviazione; è il participio passato del verbo travestire, che significa “vestire con abiti diversi da quelli che abitualmente qualcuno/a indossa per renderlo/a irriconoscibile”.
Che piaccia o no, questa è la definizione che viene data dal DIZIONARIO GARZANTI DELLA LINGUA ITALIANA.
La logica ci dà la discriminate della “abitualità”, quindi, se abitualmente veste da uomo sarà “un trav”, se abitualmente veste da donna sarà “una trav”.
Teniamo conto che quello che ci sentiamo NOI, si deve sempre confrontare con ciò che APPARE ad ALTRI.
Nella conclusione, cerchiamo rifugio nella letteratura e ricordiamo l’opera di Luigi Pirandello, dal titolo “UNO, NESSUNO, CENTOMILA”: noi siamo UNO, per altri NESSUNO, ma coloro che ci osservano sono CENTOMILA ed oltre.