Storie erotiche

Le pratiche di una mistress

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Ricordo tutto di quella sera, una sera che divenne il mio riferimento per quanta soddisfazione mi fornì giocando con uno schiavo.
Lo attendevo seduta in poltrona, lui sapeva cosa fare e io già ero eccitata e in fiamme, pregustando lo svolgimento di quella che sarebbe stata l’ennesima nottata di sesso estremo. Il nostro era un rapporto esclusivamente sadomaso, con lui che aveva accettato il suo ruolo di sottomesso, in tutto e per tutto. Ero stata chiara fin dall’inizio mettendo le mie carte sul tavolo già nel nostro primo incontro, avvenuto qualche anno prima in un bel bar del centro, dopo la risposta ad un annuncio erotico.


Non cercavo innamorati ma solamente un uomo con cui sfogare i miei istinti e con cui affinare le mie pratiche sadomaso, non c’erano altre alternative al rapporto. Avevo ben in mente la sua faccia quando seduti al tavolo gli avevo esposto la mia visione del sesso estremo, la sua faccia era diventata paonazza dall’imbarazzo, ma alla sua fine nei suoi occhi era apparsa l’eccitazione di un rapporto nuovo, un’eccitazione che divenne gioia quando lo accettai nella mia casa.
Da allora ci vedevamo qualche volta al mese e sempre il rituale iniziale era lo stesso, lo accoglievo alla porta senza dire una parola, e lo mandavo immediatamente in bagno allo scopo di lavarsi e di indossare i suoi vestiti da sottomesso. A secondo delle mie voglie sceglievo la “mise” che doveva indossare e la lasciavo in bagno. Lui entrava si faceva una doccia, indossava ciò che avevo scelto e mi raggiungeva nella “sala delle torture”, si inginocchiava, abbassava gli occhi ed aspettava miei voleri.
Spesso pensavo alla fortuna che avevo avuto nel trovare il mio schiavo, era avvenuto per caso ma soddisfaceva tutti i miei requisiti.
Era abbastanza bello con un bel fisico curato e con molto tempo libero, impegnato sentimentalmente con una donna che viveva in un paese lontano non aveva per questo problemi a riportare a casa i segni che volevo lasciare sul suo corpo, in più come se non bastasse era già di suo di indole sottomessa, un aspetto a cui tenevo particolarmente e che avevo ricercato nel mio annuncio. Non volevo infatti uomini che mi rifiutassero qualcosa e lui fino a quel momento aveva dimostrato di non avere nessun limite, insomma rappresentava uno schiavo perfetto anche per me che ero diventata una padrona esigente.
Io sono una bella donna, attraente al punto giusto e con un aspetto fisico che curo alla perfezione grazie a un’alimentazione mirata e molte ore di esercizio fisico, single per scelta non avevo mai avuto problemi a rimediare qualche scopata, ma ultimamente non era il fisico che volevo appagare ma la mente, una mente che desiderava ardentemente possedere un uomo, fargli provare dolore e allo stesso tempo vederlo desiderare quel dolore al solo scopo di compiacermi.


Ero diventata nel giro di qualche anno una vera mistress, era stato un cambiamento molto lento ma costante e adesso non potevo fare più a meno di fare sesso dominando il mio partner. I miei pensieri stavano divagando quando lo sentii arrivare, alzai lo sguardo e lo guardai, era come al solito bellissimo. Per quella sera avevo deciso che lo avrei sottomesso quasi svestito e per questo indossava solamente un sottile perizoma da uomo, mi piaceva farlo soffrire con gli abiti e per questo avevo acquistato per lui solamente vestiti e intimo di un paio di taglie più strette, volevo vedere i segni della costrizione sul suo corpo e soprattutto volevo tormentarlo in ogni minuto del nostro incontro, cosa che di solito mi riusciva molto bene.
Sapeva cosa fare infatti tenne lo sguardo basso e non mi guardò per nulla, si inginocchiò dinanzi a me, abbassò la testa e inizio ad attendere. Di solito mi divertivo a prolungare la sua attesa, quando avveniva lo guardavo di nascosto, vedevo i suoi occhi indugiare sulle piastrelle desiderosi di sapere come quel giorno lo avrei dominato, la sua mente si crogiolava in quegli attimi assaporando la paura del futuro ed eccitandosi pensando alle torture che gli avrei inflitto, mentre io mi godevo la sensazione di avere un altro essere umano in mia completa balia, una sensazione per me, come credo per tutti gli esseri dominanti, incommensurabile.
Oggi però avevo molta voglia e per questo mi alzai quasi subito dalla poltrona, avevo avuto una giornata pesante al lavoro e volevo sfogare la mia rabbia su di lui, avevo voglia di scaricare il mio nervosismo e per questo in mente avevo una sessione che sarebbe stata molto dolorosa per il mio schiavo. Ero sicura che comunque avrebbe sopportato tutto in maniera perfetta, aveva un’alta sopportazione del dolore e spesso mi ero divertita usando il frustino fino a stancarmi. Mi chinai vicino al suo orecchio e gli sussurrai “stasera soffrirai schiavo, vuoi?“, domandavo sempre prima di iniziare, per me era quasi un rituale e solo dopo la sua risposta avrei iniziato a fare sul serio. Ero sicura che avrebbe accettato tutti i miei voleri, ma mi piaceva sentirglielo dire, il “si padrona” non fece altro che confermare ciò che già sapevo e allora iniziai a giocare con il suo corpo.
Andai ad aprire quello che io chiamavo il cassetto degli attrezzi e presi una corda, mi avvicinai velocemente a lui e legai le sue mani in maniera tale che fossero giunte, lo feci alzare e gli feci allargare le gambe applicandogli una barra divaricatrice, e poi lo legai con le mani in alto, utilizzando un occhiello che lui stesso aveva messo alla giusta misura in una parete liberata allo scopo.
Era su quella parete che facevo lavorare la frusta, l’occhiello era posizionato alla giusta misura e lui si trovava in posizione perfetta per ricevere i colpi di scudiscio, cosa che durante le nostre sessioni avveniva molto spesso.


Lo legai con la schiena alla parete, volevo guardarlo negli occhi mentre lo avrei fustigato, gli imposi inoltre di tirare fuori la lingua e applicai ad essa una molletta da bucato appesantita con un piccolo peso da pesca, l’accorgimento non avrebbe portato molto dolore al mio schiavo ma lo avrebbe costretto a stare con la bocca aperta e a sbavare letteralmente per la sua padrona, mi piaceva quando lo faceva, assumeva infatti le sembianze di un cane che adorava la sua padroncina, cosa questa che mi faceva eccitare a dismisura.
Andai a scegliere un bel gatto a nove code, presi quello che aveva come terminale delle sottili strisce di cuoio, sarebbe stato più doloroso del solito, ma era proprio la pratica sadomaso che avevo scelto per quello da li a poco, come le altre volte, sarebbe diventato il mio giocattolo erotico della serata.
Mi avvicinai a lui con molta lentezza, vedevo i suoi occhi danzare sul mio corpo, indossavo una gonna di pelle nera molto corta e due stivali con il tacco alto che esaltavano la mia altezza, null’altro. Notai il suo sguardo che non lasciava i miei seni, ho due belle tette, sode al punto giusto e con due capezzoli che quando sono eccitata si ergono come due piccoli chiodi, poteva guardare solo fino all’altezza del seno, e poteva farlo solo perché fondamentalmente mi piace essere guardata, avevo fornito lui infatti il divieto di guardarmi negli occhi e lui faceva di tutto per non oltrepassare il limite imposto
Iniziai a frustarlo in maniera metodica, non tralasciai nessuna parte del suo corpo e dopo qualche minuto di trattamento molte strisce rosse iniziarono a campeggiare sulla sua carne nuda. Notai che si eccitava, il perizoma infatti lasciava trasparire un erezione imponente, un erezione che quella sera il mio schiavo non avrebbe calmato a casa mia, ero intenzionata infatti a sodomizzarlo e a non permettergli di godere.
Passarono una decina di minuti e variai la sua posizione, lo girai faccia al muro e mi dedicai alla sua schiena colpendolo più forte che potevo. Volevo che soffrisse, solo cosi meritava di stare al mio cospetto e lui come al solito lo faceva senza colpo ferire. Sfogai tutte le mie pulsioni in quella serata che ricordo fu per il mio sottoposto molto dolorosa, usai sul suo corpo la cera calda ma anche il ghiaccio, lo obbligai a portarmi in groppa per tutta la casa come fosse un piccolo pony, ma anche a lucidare i miei stivali con la lingua, lo feci dissetare con il suo piscio e mi feci servire il caffè come fosse una bella cameriera in cerca della mancia, una mancia che alla fine ottenne sotto forma di strap on.
Spesso uso il pene indossabile con i miei sottoposti, credo che in assoluto per l’uomo essere sodomizzato da una donna è una delle condizioni più umilianti da sopportare, vederli a pecora mentre con le mani si allargano le natiche, sentirli domandare il cazzo, vedere il loro buchino allargarsi sotto la spinta dello strap è un qualcosa che quasi mi porta all’orgasmo, un orgasmo che quella sera provai nella maniera più intensa.
Come dimenticare le scariche che partendo dalla mia mente arrivarono fino al basso ventre portando con se un piacere che fino allora poche volte avevo provato, venni cavalcando il mio schiavo, sentendolo mugolare dal dolore sotto le spinte che il cazzo di plastica trasferiva al suo corpo, cercando di spingere sempre più a fondo visto che di fatto stavo auto-scopandomi. Urlai con l’orgasmo e allo stesso tempo artigliai il culo del mio povero schiavo, era troppo il piacere per frenare il mio impeto, un impeto che mi portò a conficcare le unghie nella carne dell’uomo che con il suo dolore aveva contribuito ad eccitarmi.
Usci dal suo corpo e gli posi il cazzo finto dinanzi alla bocca, lo obbligai a pulirlo con la lingua e decisi di interrompere la pratica sadomaso solamente quando la plastica ritorno al suo antico splendore. Gli diedi una leggera carezza sul volto che appariva teso per quanto aveva dovuto sopportare e lo mandai a lavarsi. Spesso gli avevo dato il permesso di godere a casa mia, ma quella sera volevo mandarlo a casa carico di sperma, e per questo lo congedai.
Mentre lui usciva io mi mettevo sotto le coperte per qualche ora di meritato riposo, grata del mio modo di essere, ma soprattutto contenta di aver trovato una persona che mi adorava come una regina, sopportando tutto quello che io volevo al solo scopo di farmi sentire quello che ero…una vera regina.

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