Attivista di Progetto InVisibile, contro il fenomeno della prostituzione in luoghi chiusi
A partire dagli anni 90, il fenomeno della prostituzione esercitata in luoghi chiusi – appartamenti e locali di intrattenimento sessuale – si è imposto in Italia come segmento di “mercato” molto redditizio, in grado di favorire lo sviluppo di nuove modalità di sfruttamento, caratterizzate da una “invisibilità” che le rende difficilmente raggiungibili dalle classiche forme di intervento, come nel caso di potenziali vittime di tratta coinvolte nella prostituzione di strada. Per questo motivo, questo fenomeno richiede di essere indagato, conosciuto ed affrontato, anche dal punto di vista dell’intervento sociale. Progetto InVisibile, nato nel 2007 a Modena, esercita azioni di monitoraggio e di contatto nell’ambito della prostituzione esercitata in luoghi chiusi ed ha come obiettivi la prevenzione sanitaria e il contrasto alla criminalità, con il coinvolgimento di diversi Enti locali, in primis con il Comune di Modena.
Abbiamo intervistato Veronica Fischietti, transgender 35 enne di Taranto ma residente a Bologna, attivista del MIT (Movimento d’Identità Transessuale) e parte dell’equipe di Progetto InVisibile.
Buongiorno Veronica, come è arrivata a svolgere questo servizio ?
Attraverso anni di militanza e attivismo all’interno del MIT (Movimento Identità Trans) di Bologna. Inoltre, comprendendo la descrizione del fenomeno attraverso una serie di incontri formativi tenuti da Porpora Marcasciano, coordinatrice del progetto Unità di Strada e del movimento trans. Allo stesso tempo ho maturato esperienze di vita personale che sono riuscita a trasformare, facendole diventare il mio punto di forza, conseguendo la qualifica di operatrice “peer to peer” (comunicazioni in simultanea di condivisione).
Da quanto è attivo il Progetto?
E’ nato nel 2007 ed è l’unico in Italia ad avere un coordinamento a livello regionale con un’ampia rete di sostegno di tutte le realtà e soggettività ad esso connesse, per avere una visione più ampia del fenomeno del “sommerso”, della prostituzione in luoghi chiusi.
Qual’è il target a cui è indirizzato ?
Il nostro progetto è rivolto a tutte le persone “sex workers” (operatori nel settore della sessualità) quindi, donne, uomini, trans e travestiti. Il progetto nasce comprendendo il bisogno di monitorare e salvaguardare la salute delle stesse attraverso una serie di azioni messe in atto dalla nostra equipe, denominate “riduzione del danno”.
Cosa prevede per il futuro ?
Sicuramente riuscire ad avere una fotografia sempre più nitida del fenomeno.
Quali sono le esperienze che l’hanno segnata sia positivamente che negativamente?
Sicuramente ho imparato che nella relazione non esisto solo io. Affermare che tutte le persone hanno il potenziale per poter vivere appieno la propria vita dal punto di vista funzionale ed emozionale, abbracciando l’intera gamma delle espressioni, delle presentazioni e delle differenze di genere, aldilà della rappresentazione binaria maschile-femminile.
Vuole lanciare un messaggio o ha qualcos’altro da comunicare ai nostri lettori?
Volentieri. Ogni giorno tutti transitiamo verso qualcosa; che sia un corpo, un’emozione o semplicemente un vivere ancora da costruirsi: ciò che conta è essere se stessi.