Il piacere attraverso la storia

IL DIVINO AMORE

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Gli Dei si accoppiavano con gli uomini, o meglio con le donne, per questo Zeus, nei miti Greci, è il ritratto del seduttore e per sedurre usa ogni espediente divino.
Zeus come pioggia d’oro era caduto su Danae e con lei aveva generato l’eroe greco Perseo.
Sotto forma di un toro bianco aveva conquistato Europa, dandole tre figli: Minosse, Sarpedone e Radamanto; trasformato in cigno si era unito a Leda, che aveva dato alla luce due coppie di gemelli: Castore e Polluce, Elena e Clitennestra.

Tutti gli dei maschi sono seduttori insidiando ninfe, dee e mortali, perché secondo una tradizionale interpretazione , nella mitologia greca il comportamento degli dei deve giustificare quello degli uomini, all’interno di una società guerriera e maschilista.
Per gli antichi il sesso era una forma di potere: dava discendenza e propiziava la fertilità.
Lo storico Strabone scrisse: “la natura suggerisce di compiere i riti religiosi con l’animo rilassato di una festa per distogliere lo spirito dalle occupazioni umane e orientarlo verso il divino”.
Così nell’antichità si ebbero divinità superdotate, orge per propiziare la fertilità dei campi, re e regine che si accoppiavano pubblicamente, riti segreti a sfondo sessuale.

Chi era pio, o devoto agli dei, non era casto, semplicemente perché il sesso apparteneva alla sfera sacra.
Fare l’amore avvicinava l’uomo agli dei e loro ci avevano dato questa prerogativa perché li imitassimo.
Secondo i Greci, all’inizio del mondo lo sperma del “Padre Cielo”, cioè la pioggia, aveva fecondato il grembo della “Madre Terra”.
Per i Sumeri, Enki, dio creatore, era un amatore instancabile ed aveva affollato il paradiso terrestre attraverso le sue prestazioni sessuali.
Per gli Egizi, il dio solare Amon, aveva creato la prima coppia divina masturbandosi.
Gli antichi vedevano il sesso ovunque: in una grotta il grembo materno, nella punta di una montagna il fallo paterno; perché tutto era destinato alla procreazione.

Nelle comunità dei primi agricoltori, circa 9mila anni fa, venivano organizzate orge sui terreni dove poi avrebbero piantato i semi per propiziarne l’attecchimento e lo sviluppo.
In onore della “Dea Madre”, simbolo della natura e della fertilità, plasmavano statuette di donne nude con seni prosperosi, dove il religioso si univa al pornografico.
Se gli uomini avevano queste immagini sacre per eccitarsi, le donne greche avevano a disposizione rappresentazioni sacre simili a vibratori perché l’uso propiziatorio (verso gli dei) non escludeva il piacere.

Le egiziane, che non disponevano di Viagra per i loro mariti, offrivano agli dei statuette che raffiguravano uomini inginocchiati, ma che chiaramente fungevano da stimolatori clitoridei.
Il radicamento del sesso nei rituali religiosi contribuiva a renderlo una pratica di cui non vergognarsi, anche se è vero che gli uomini godevano di maggiori libertà.
Quanta religiosità ci sia nella sessualità egizia è descritto nel mito di Iside, che dopo avere ricomposto il corpo del marito Osiride, fatto a pezzi dal fratello Set, si accorse che mancava il pene, perso nelle acque del Nilo e proprio per questo il fiume con le proprie piene era ricco e fecondo per l’agricoltura.

Allora la dea fabbricò una coppia del pene in oro con il quale concepì il figlio Horus.
Quindi, la fortuna e la ricchezza dell’Egitto erano dovute, in estrema sintesi, ad un fallo divino.
Le storie di falli divini si incontrano anche presso Greci e Romani, dove Priapo è dotato di un pene enorme.
Priapo era figlio di Zeus (Giove) ed Afrodite (Venere), ma era nato da un’incontro extramatrimoniale, perché lui era marito di Athena (Minerva), così la moglie tradita per vendicarsi toccò il ventre della rivale ed il bambino nacque con una deformità proprio sotto la pancia.
Afrodite rimase sconvolta dall’enorme deformità di Priapo e lo abbandonò su di una montagna, dove fu trovato ed allevato da alcuni pastori.

Priapo divenne una divinità della fecondità e rappresenta la forza creatrice che attraverso il suo membro smisurato esprime la propria incontenibilità.
Nel mondo romano divenne un dio-portafortuna; il suo fallo proteggeva la fertilità della casa e la sua fortuna economica: più figli, più lavoro, più soldi.
Su questa triplice concatenazione, oggi si dovrebbe aprire una riflessione: pochi o nessun figlio, poco o niente lavoro, meno soldi !

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