Il Cuore del Re Il piacere attraverso la storia

Il cuore del Re

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IL CUORE DEL RE

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Luigi XIV diceva sulle donne che “Assediano il cuore di un principe come se fosse una fortezza”.
La regina aveva una posizione scolpita nel marmo, mentre l’amante del re aveva uno status fragile e precario. Dunque, non appena si era conquistata il prestigioso titolo di maitresse-en-titre della favorita, non poteva vivere di rendita, fermandosi a godere dei propri vantaggi.
Ogni donna nasceva con l’ambizione di diventare la favorita del re. Erano centinaia, forse migliaia le donne che aspiravano di ottenere l’ambito ruolo di maitresse-en-titre. Il che voleva dire scalzare quella in carica, che aveva appena scalzato la precedente.

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Conservare la posizione era solitamente più difficile e faticoso che conquistarla. Soprattutto perché essere l’amante reale voleva dire impegnarsi in una maratona il cui traguardo era in continuo movimento.
Per difendere la propria posizione, la favorita non perdeva d’occhio neppure per un istante le belle dame che cercavano di attirare l’attenzione del re.
Prostitute, cameriere e simili non avevano alcuna possibilità di diventare maitresse-en-titre e dunque non costituivano una minaccia.
Pertanto, sebbene quelle piccole infedeltà potessero ferire l’orgoglio della favorita, lei fingeva che fossero troppo insignificanti perché si degnasse di notarle.
Alcune favorite arrivarono persino al punto di procurare al re donne di bassa estrazione sociale, per distrarlo dalla reale minaccia costituita da nobildonne affascinanti.

Quando poi una sorridente aristocratica riusciva ad aprirsi la strada fino al re, l’accorta amante attivava le proprie contromisure. Queste erano costituite da schiere di cortigiani di sua fiducia, ben pagati, pronti ad informare il re che la dama in questione aveva una malattia venerea, una famiglia avida o mancava totalmente di discrezione.
Questi mormorii di solito facevano crollare l’interesse del sovrano, che aveva ampia scelta.
Infatti, la maggior parte del lavoro di individuazione ed annientamento delle potenziali rivali doveva essere condotto all’insaputa del re.

Questo anche perché l’amante non si poteva certo permettere di trasformarsi in una moglie gelosa. Il sovrano ne aveva già una di cui non poteva liberarsi, mentre un’amante gelosa poteva essere allontanata con un cenno del capo.
Quando il sovrano dava l’impressione di guardarsi attorno alla ricerca di nuove distrazioni, si diceva che “
c’era profumo di carne fresca” e si cercava di capire se l’oggetto del desiderio si sarebbe rivelato un flirt passeggero, o avrebbe sostituito l’amante in carica.

In ogni caso, qualunque fosse stata la decisione del re, ci si schierava sempre con la parte vincente.
Le amanti reali si muovevano abilmente in un ambiente colmo di intrighi, dove le questioni fondamentali, come la vita, la morte, l’amore, contavano ben poco in confronto al successo o al rischio di insuccesso a corte.

Per i cortigiani un piccolo cenno del sovrano costituiva un’esaltante vittoria. La sua mancanza di attenzione un’umiliante sconfitta, con parametri neppure immaginabili oggi giorno.

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La corte era un mondo a sé; un mondo in cui i valori erano distorti. Un mondo in cui gioie e dolori avevano caratteristiche assolutamente incomprensibili alle generazioni successive.
Nel 1671, Francois Vatel, primo ciambellano del principe di Condé, aveva ricevuto l’ordine di preparare un sontuoso banchetto in onore di Luigi XIV.
Prima della visita reale, Vatel, che per dodici notti consecutive non aveva chiuso occhio, si accorse che gli mancavano due arrosti per un banchetto per centinaia di ospiti.
Disse ad un amico, che si era accorto della sua disperazione, che aveva perso il suo onore ed era una disgrazia che non riusciva a sopportare..

Poi, il mattino seguente, non appena vide che il pesce che aveva ordinato per il pranzo reale non era arrivato all’ora stabilita, si suicidò trafiggendosi con la spada.
Il carro che trasportava il suo cadavere al cimitero incrociò quello che portava il pesce.

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Esattamente come prezioso satin e delicati pizzi nascondevano i corpi dei cortigiani infestati dalle pulci, in un’epoca dove non esisteva il concetto di pulizia del corpo, radiosi sorrisi e parole cortesi nascondevano armi, affilate come rasoi, che venivano costantemente impugnate sul campo di battaglia costituito dalla corte.
Non a caso, le dame, elegantemente protette dall’ingannevole armatura della bellezza e del fascino, erano sempre pronte a vendicarsi spietatamente delle rivali e coloro che sostavano sorridenti nei saloni dorati avevano il cuore stretto nella morsa della paura.

Per altro, c’erano almeno alcuni cortigiani che esprimevano con schiettezza la propria mancanza di sincerità.
Uno di loro scriveva: E’ un ambiente in cui le gioie sono visibili ma false, e i dolori sono nascosti ma veri”, ed un visitatore faceva notare che: “Un sentimento genuino è così raro che, quando lascio Versailles, talvolta mi fermo lungo la strada per guardare un cane che rosicchia un osso”.

 Oltre a “Il Cuore del Re”, leggi gli altri articoli della nostra rubrica Il Piacere attraverso la Storia e
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