Il piacere attraverso la storia

Amplessi sacri, Pudicizia, Corano

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Il piacere attraverso la storia

Si chiamava “ierogamia”, ovvero “matrimonio sacro”; era una cerimonia rituale praticata da Sumeri, Egizi, Babilonesi, Celti e Fenici che simboleggiava l’unione fra un dio ed una dea.
Consisteva in un rapporto sessuale tra un re-sacerdote e la sacerdotessa del tempio, perché il potere della dea si trasferisse al sovrano ed, attraverso di lui, ai sudditi su cui regnava.
Nell’antico Egitto l’amplesso tra faraone e sacerdotessa ripercorreva le nozze del Cielo (Nut) e della Terra (Geb).
I Celti gestivano l’usanza per cui la dea della terra trasmetteva il potere ad un re da lei prescelto con cui si accoppiava.
Presso i Sumeri, nelle città stato di Uruk ed Ur, la cerimonia era ritualmente celebrata il giorno di Capodanno, sulla cima della torre sacra denominata “Ziqqurat”.
La sacerdotessa-dea dell’amore e della fertilità “Inanna” saliva i sette livelli rituali dell’edificio ed attendeva nella stanza nuziale l’amplesso con il re-dio “Dumuzi”; questo accoppiamento avrebbe garantito pace e prosperità per tutto l’anno.

In alcune tavolette in scrittura cuneiforme sono descritti gli inni d’amore preliminari: “Il pastore Dumizi m’ha empito il grembo di latte e panna, mi ha accarezzato il pube, mi ha innaffiato il grembo”, invocava la sacerdotessa al re che rispondeva: “il tuo arrivo è la vita, il tuo ingresso nella casa è l’abbondanza, giacere insieme a te è il mio maggior piacere, mia dolce, dilettiamoci nel letto”.
La cultura Vedica, da cui deriva l’induismo, prevedeva la prostituzione sacra, praticata dalle “Apsara”, che veniva consumata in appositi locali all’ingresso del tempio.
Il provento dell’amplesso veniva devoluto al mantenimento della struttura sacra e dei suoi sacerdoti (Bramani) ed inoltre contribuiva a sfamare le folle di mendicanti che stazionavano abitualmente attorno al tempio.
Va detto che il concetto di pudore fu molto diverso nel corso dei secoli e si diversificò notevolmente da popolo a popolo.
Il concetto di pudore, inteso come riserbo della sfera sessuale (così come lo concepiamo attualmente) comparve nell’antica Roma, ai tempi della Repubblica qualche secolo prima della nascita di Cristo.
Scomparve poi in epoca imperiale, anche se nel 270 d.C. si coniavano ancora monete con l’immagine della dea Pudicizia; il concetto era stato addirittura divinizzato !
Pudore ed oscenità non ebbero mai nella storia un concetto lineare, con notevoli alti e bassi.Gli spregiudicati concetti libertini del 1700 vennero sostituiti un secolo più tardi dai rigidi principi dell’epoca vittoriana, che prese il nome dalla regina inglese Vittoria, in cui le donne erano ferocemente coperte dal capo ai piedi e non potevano pronunciare il nome di parti anatomiche del corpo che non fossero la testa o il cuore.
Questo esasperato pudore venne ridimensionato a partire dal 1900, quando le donne si liberarono del tipico corpetto semirigido.
Con la fine della I° guerra mondiale le loro gonne si accorciarono, come i capelli, e cominciarono a rivelare caviglie e ginocchia, con il trionfo della minigonna negli anni ’60.
C’è una parte del mondo che è però legata a schemi più restrittivi: l’islam, con regole precise.
Vietato il sesso fuori dal matrimonio; vietato dall’alba al tramonto durante il mese del Ramadan e durante il pellegrinaggio alla Mecca.
Nel matrimonio tutto è permesso ad eccezione della penetrazione anale; mentre l’adulterio potrebbe costare la vita, anche per questo il divorzio è ammesso, sia su istanza dell’uomo che della donna, che però può subire la procedura del ripudio.
Il Corano, che contiene il volere di Dio (Allah) e la Sunna che raccoglie gli insegnamenti del profeta Maometto, sono molto dettagliati sui precetti che i fedeli devono seguire nella vita sessuale.
L’Islam ammette la poligamia, ma con regole molto precise, anche a tutela della donna, dove l’uomo può avere un massimo di quattro mogli e deve garantire a ciascuna una vita indipendente e di pari livello economico/sociale.
Inoltre, la nuova sposa può divenire tale solo se riceve il consenso delle precedenti.
Nella coppia mussulmana è il marito a comandare, ma sappiamo che Maometto, che ebbe come prima moglie una vedova più vecchia di lui, rispettava le sue spose.
Khadigia, considerata la madre dei mussulmani, non era segregata in casa; non era costretta a coprirsi il volto e condivideva con il marito i piaceri della carne.

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