La storia insegna che non esiste un posto meno erotico della camera da letto di un re, ma naturalmente stiamo parlando di quella “ufficiale”.
I monarchi erano costretti per la “ragion di stato” a sposare donne che non amavano, quindi i rapporti con le loro regine si limitavano allo stretto necessario per dare un erede al trono e continuità alla stirpe reale.
La natura umana creava dunque le condizioni perché i sovrani trovassero altrove condizioni più amorevoli e di soddisfazione carnale.
A volte si trattava di prostitute d’alto bordo, maestre nell’arte dell’erotismo; altre volte erano amanti intelligenti che sapevano per anni legare il cuore del re, capendo l’uomo che portava la corona.
Alcune di queste amanti divennero più famose di colui che le aveva rese celebri, come Madame de Pompadour, che per 19 anni governò il cuore, ma anche la nazione, del re di Francia Luigi XV.
Poiché pare che costei fosse frigida, giocò le sue carte sul piano della ragione e non fu guidata da una istintiva sessualità fisica; questo aspetto fece di lei il prototipo insuperato della professionista.
Nelle alcove segrete si sono consumati più intrighi che nei gabinetti dei ministri, perché spesso dalle lenzuola del letto, le favorite governavano come sedute su di un trono.
Le favorite accumulavano potere e ricchezza, ma certamente senza facilità, perché mantenere la loro posizione era alquanto difficile e faticoso.
La favorita doveva sapere prevedere i desideri del re, ponendosi come amica, amante e consigliera, senza mai annoiarlo e creare dubbi sulla propria lealtà.
La favorita intelligente sapeva gestire ogni aspetto della sessualità reale ed arrivava a procurare belle ragazze al re, ma scelte con attenzione tra le popolane, pur di tenere lontane dame di alto rango che avrebbero potuto insidiare la sua posizione.
La storia ci ricorda un solo re, Giorgio II, innamorato della moglie, ma il caso fu così strano che il sovrano, per salvare le apparenze fu quasi costretto ad avere una amante.
Dunque, la regola era che il re doveva avere una amante, e più d’una era meglio, ed in ogni corte si dovevano consumare intrighi tra le lenzuola.
La ragione ci dice che il migliore afrodisiaco è il potere ed a Napoli ci confermano che ‘O cummannà è meglio d’ò fottere?’ (comandare è più piacevole di fare sesso), ma è pur vero che le favorite fecero del sesso uno strumento di potere.
A corredo di questa tesi, riportiamo alcune citazioni di maestri di vita.
“Quando il destino di una nazione è nella camera da letto di una donna, per lo storico il posto migliore è l’anticamera”
(Charles-Augustin Sainte-Beuve).
“Quando c’è un matrimonio senza amore, ci sarà un amore senza matrimonio”
(Benjamin Franklin).
“Non sono le labbra né gli occhi, ciò che definiamo bellezza, ma l’armonia di tutto l’insieme” (Alexander Pope).
Questa affermazione spiega come la bellezza fosse necessaria, ma non sufficiente, a gestire il ruolo di amante del re, che doveva avere una notevole quantità di virtù, tra cui una spiccata intelligenza.
“Non è mai accaduto che una donna innamorata del marito provasse simpatia nei confronti della sua puttana”
(Caterina De’ Medici).
Tale sprezzante affermazione mette in evidenza tutta la rivalità esistente tra la regina e l’amante del re.
“Non si possono cogliere rose senza rischiare di pungersi, né avere una bella moglie senza rischiare le corna”
(Benjamin Franklin).
Le belle donne a corte avevano l’inevitabile destino di finire nel letto del re e, giocoforza, il marito cornuto doveva farsene una ragione.
Le cortigiane “Assediano il cuore di un principe come se fosse una fortezza”
(Luigi XIV).
Questa considerazione suona come il lamento compiaciuto di un reale, che doveva pagare il prezzo del potere e del successo.
“La bellezza è potente, ma il denaro è onnipotente”
(John Ray, Proverbi Inglesi).
La constatazione è assolutamente cinica ma incredibilmente vera anche ai nostri giorni.
“A Pall Mall abita una puttana chiamata Nell, re Carlo Secondo l’ha presa per sé, lei sa come maneggiare il suo uccello, ma non ha mai messo le mani sul suo scettro”
(Strofa di una filastrocca del 1670).
I lazzi del popolo spesso colgono nel segno e questa donna non aveva le qualità per andare oltre la gestione carnale del rapporto.
“Alcuni lodano al mattino quello che hanno disprezzato la notte, tuttavia pensano sempre che l’ultima opinione sia quella giusta”
(Alexander Pope).
La frase riguarda l’ipocrisia dei costumi che porta al “si fa ma non si dice”, tacendo ciò che realmente piace.
“Far grandi i bastardi reali e duchessa ogni puttana, e prelevare dal tesoro mi ha reso terribilmente povero”
(Strofa su Carlo II, 1680 circa).
I frutti del peccato costano, ma il sovrano gode ed il popolo paga; in fondo accade anche oggi.
“Sono colui che è rimasto solo al banchetto, le luci sono spente e i fiori appassiti”
(Edward Robert Bulwer, primo conte di Lytton).
Quando il re moriva era la morte anche dei suoi amori, perché il nuovo sovrano avrebbe avuto nuovi favorite e favoriti.
“Le impietose dita del tempo hanno cancellato le linee su cui splendeva la bellezza”
(Lord Byron).
Spesso la fine di una carriera era stabilita dal tempo, che chiudeva il ciclo di un successo.
“Non vorrei essere regina per tutto il mondo”
(William Shakespeare).
Il maggiore poeta inglese evidenzia così come il ruolo di una regina potesse essere di estrema infelicità, perché non è tutto oro ciò che luccica.